Quel cavaliere ammazzaDraghi: il centrodestra raggiunge il quorum, Berlusconi kingmaker del Quirinale

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Con l’Unione Europea che se la passa male, Berlusconi si guadagna la pole position fra i ‘peones’ e poi la cede (?) a Casini, o Tremonti. Ma un’Italia sana penserebbe a De Rita.

…dopo innumerevoli incontri con parlamentari e delegati regionali, anche e soprattutto appartenenti a schieramenti diversi della coalizione di centro-destra, ho verificato l’esistenza di numeri sufficienti per l’elezione

…E’ un’indicazione che mi ha onorato e commosso: la Presidenza della Repubblica è la più Alta carica delle nostre istituzioni, rappresenta l’Unità della Nazione…

…Nello stesso spirito, ponendo sempre l’interesse collettivo al di sopra di qualsiasi considerazione personale, ho riflettuto molto, con i miei familiari ed i dirigenti del mio movimento politico, sulla proposta ricevuta…sono stato il primo a volere un governo di Unità Nazionale che raccogliesse le migliori energie del Paese… servito ad avviare un percorso virtuoso che oggi più che mai, alla luce della situazione sanitaria ed economica, deve andare avanti. Per questo considero necessario che il governo Draghi completi la sua opera fino alla fine della legislatura per dare attuazione al PNRR, proseguendo il processo riformatore indispensabile che riguarda il fisco, la giustizia, la burocrazia…

In questo stesso spirito, ho deciso di compiere un altro passo sulla strada della responsabilità nazionale, chiedendo a quanti lo hanno proposto di rinunciare ad indicare il mio nome per la Presidenza della Repubblica…Occorre individuare una figura capace di rappresentare con la necessaria autorevolezza la Nazione nel mondo e di essere garante delle scelte fondamentali del nostro Paese nello scenario internazionale, l’opzione europea e quella atlantica, sempre complementari e mai contrapponibili, essenziali per garantire la pace e la sicurezza e rispondere alle sfide globali.

Silvio Berlusconi, comunicato del 22.1.2022

La strada che conduce al Quirinale è, al solito, irta di strategie, tattiche ed illazioni. Più che in passato, però, nessuno degli analisti sembra voler vedere quegli elefanti nella stanza che rendono unica, e storica già per noi contemporanei, la dodicesima elezione del Presidente della Repubblica. Prima di iniziare il safari, elenchiamo brevemente le premesse di tanta singolarità:

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Quei due Maroni rivelatori: dopo le elezioni si passa da Salvini

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Salvini ha fatto due Maroni così a Berlusconi. Il quale può solo accontentarlo. Il centrodestra di oggi non è per nulla quello di ieri.

Nessuno racconta la realtà. Ma eccola che arriva.

Alle urne vecchi contro giovani. Quarantenni e single ago della bilancia. Sbilanciata.

Le poche alternative rimaste. Il fantasma dei governi futuri: adieu democristiani, farewell comunisti.

Di nuovo al voto? O Lega, Fratelli d’Italia e Movimento Cinque Stelle?

Attenzione, stavolta non finisce a tarallucci e Gentiloni.

Sino alle elezioni avremo modo di approfondire, in ogni senso.

Che (?) Due Maroni (?)

Da oggi non abbiamo più un solo Maroni, ne abbiamo due. Il primo è quello che decide di non correre più alla presidenza della Lombardia per ragioni personali. Il secondo è invece sempre a disposizione. Già, ma per cosa? Questa pantomima nasconde in realtà una notevole vittoria di Salvini. Ovvero esattamente il contrario di quel che leggerete sui nostri media, talmente ricolmi di fakenews da odiare a morte chi possa intromettersi in quello che era, sino a pochi anni fa, un monopolio servile assai ben remunerato.

E’ evidente, infatti, che Maroni rinuncia a correre verso una sicura riconferma alla presidenza della più ricca e popolosa regione italiana per ragioni che poco hanno a che vedere col ‘personale’. Le vere motivazioni ci conducono nel vivo degli scenari elettorali possibili e quindi nel vivo delle schermaglie per il prossimo Governo. Che non sarà MAI un Gentiloni bis. Ma andiamo per ordine. E iniziamo dal Centrodestra: come vedremo, esso rappresenta l’unica vera ragione di interesse di questa, per ogni altro verso segnata, competizione.  Continua a leggere

Bisogno o taboo? Le Pen – Macron, ardua analisi d’un ballottaggio (I)

macron le penNota bene.

I 4 antagonisti. Cosa possiamo derivare dal primo turno (non poco).

Chi ha votato chi? Un confronto col 2012. Il partito unico dell’inazione.

Macron, in fondo, non sfonda. Ammessa al dibattito, Le Pen ha già vinto la grande battaglia. Ma resta la guerra.

Quei piccoli riottosi. ‘Insoumise’ è di destra o di sinistra? Le ‘strane’ contiguità della cinica sinistra massimalista.

Il beau geste di Macron e Trump.

Nota bene: a differenza che con Trump (il quale nel frattempo ha ottenuto tutto ciò che aveva in mente nei primi 100 giorni, persino su Obamacare, contrariamente a quanto i media italioti han raccontato) in questo caso Theleme non è in grado di prevedere con sicurezza l’esito elettorale. I motivi per cui ciò non è possibile sono proprio l’oggetto dell’analisi. Nè, del resto, qui c’è speciale preferenza per uno dei due candidati in campo. Fillon sarebbe stata una scelta vincente, per molti versi. Sicuramente al ballottaggio: pur senza provenire dal passato non era certo un salto nel buio; esperienza politica e umana quanto Marine Le Pen, ma competenze pari a Macron; sicurezza e resistenza all’Islam, ma anche il necessario approccio liberale. In più avrebbe facilmente condensato su di sè quello spirito antagonista alla sinistra che Macron è chiamato ad ‘ingannare’, poichè altri non è se non il ministro delle finanze del governo di Valls, ovvero del Presidente Hollande. Naturalmente, dire che non si è in grado di prevedere con sicurezza significa, nuovamente, tenere in poco conto i sondaggi. E affermare quindi, con Depardieu, che ogni esito è ancora possibile. Inutile anche nascondersi che un’eventuale vittoria di Marine sarebbe per il nostro disastrato paese un vero e proprio colpo di grazia. Già la Gran Bretagna ha smesso di far parte delle garanzie, finanziarie e geopolitiche, ai titoli di Stato italiani. Se si aggiungesse la certezza di una pesante rinegoziazione dell’architettura UE ad opera della Francia, saremmo fritti. Insieme al paladino Draghi. Buona lettura. 

Primo turno e ballottaggio: i candidati più suffragati

Il primo turno delle elezioni francesi ha, in realtà, raccontato molto del secondo. Cinque candidati – due dei quali seriamente azzoppati (Hamon schiacciato dalla manifesta assenza di ogni carisma e dal fardello tremendo di candidarsi nell’ormai detestato Partito Socialista di Hollande, Fillon incrinato dagli scandali giudiziari sul nepotismo) – si sono giocati la partita nella speranza, non assurda, di poter accedere al ballottaggio. Con la prevedibile esclusione di Hamon – il cui teorico elettorato gli ha preferito nettamente Macron, più convincente e sponsorizzato – ciò si è rivelato corretto. Macron è arrivato – vedremo poi come – al 24%, Le Pen al 21,3%, Fillon al 20% e Melenchon al 19,6%. Hamon, lontanissimo, s’è fermato al 6,4%, tallonato da Dupont D’Aignan col 4,7% (non dimenticate questo dato). La distanza fra il primo e l’ultimo dei 4 candidati maggiori, insomma, si calcola in non più di 1,5 milioni di voti. Questo ci racconta immediatamente 3 cose importanti:

  • I partiti tradizionali, sinistra e destra, non sono arrivati al ballottaggio. E’ la prima volta che accade.
  • Non c’è stata massiva concentrazione di consenso trasversale sul candidato raccontato come più agevolmente trionfante sulla Le Pen al ballottaggio, cioè Macron. Ciò potrebbe spingere a non ingigantire oltremisura le conseguenze elettorali del taboo Le Pen, comunque molto radicato.
  • La differenza di consenso fra i due sfidanti finali si riduce ad un milione di voti e può essere cancellata agevolmente dalle preferenze espresse dagli schieramenti rimasti fuori dal ballottaggio.

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Il Mattarella Blues pervade l’Italia: l’agonia pentatonica di Gentiloni

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John lee Hooker e  Mattarella, ovvero il blues e la trick bag democristiana.

Lo shopping fra le lapidi dell’oligarchia italiana, ritmato dalle consultazioni: it serves you right to suffer!

Paolo Gentiloni Silveri, detto ‘l’africano’: da Rutelli al burning hell libico.

Ma la figura al di sotto delle parti potrebbe essere un’altra. Cercasi the Healer che agevoli Forza Italia, se il PD si divide.

Suona the same old blues again e l’Italia sembra inabissarsi: i tempi saranno maturi per il Boom Boom di Grillo? (Non prima del Settembre 2017)

Chiudiamo con Sciascia.

Il No alle mediocri riforme costituzionali ha rigettato la consolatoria, evirata melodia de ‘Il volo’ – tutta per il SI – e si è tuffata in un maschio blues economico, politico sociale che non farà prigionieri. Il blues è infatti espressione di una malinconica sofferenza che trova però all’interno il vigore necessario per esorcizzarsi e superarsi. il-voloUna struttura ipnotica, incardinata nella scala pentatonica, che fu definita la musica del diavolo, ai tempi di Robert Johnson e non solo. Blues e rock sono stati sempre massimamente malvisti dai clericali, sino ai nostri giorni: come dimenticare la crociata di Mattarella contro Madonna, in combutta con numerosi vescovi… e correva l’anno del signore 1990. Insomma, energia, emozione, azione nel blues vengono incatenate e scatenate di battuta in battuta, con cromatismi capaci di neutralizzare la monotona cromatina e brillantina di cui sono ricoperti calzari e capelli dei malnati e canuti eredi degli Andreotti, dei Piccoli, dei Fanfani, dei Forlani. Quale migliore guida alle vicende politiche in corso, quindi, di John Lee Hooker, auctoritas fra le maggiori di Theleme? Sarà un po’ lui il nostro Virgilio, nell’inferno democristiano di questi giorni. Pur non essendo indispensabile, si consiglia caldamente al lettore l’ascolto dei brani inframmezzati al testo, in un inedito e interattivo pastiche politico – musicale: con crescendo non rossiniano, essi ci condurranno in superficie, ‘a riveder le stelle’. Le cinque stelle che ci attendono al varco per vergare l’epitaffio del post fascismo repubblicano: Se il paese non avrà saputo tagliare di netto col passato, avrà bisogno della dinamite grillina. Che farebbe Boom Boom.   Continua a leggere

Col domino di Virginia Raggi i cinque stelle van giù e giù: Roma padrona!

Quello che (come d’abitudine… da Brexit alle elezioni a ILVA…) anticipammo mesi fa sul comune di Roma.

Virginia Raggi, la grillina col pedigree più forzista che c’è, chiede a Cantone (via Marra)  un colpettino al primo mattoncino. E lui l’accontenta.

Il domino stellato va tutto giù. Seguiamo i tasselli cadere…

Il documento integrale della richiesta di parere all’ANAC.

Una base elettorale di tonti cade presto in trappola. Ma possiamo dire lo stesso di Grillo e Casaleggio (figlio)?

A Roma, da quasi 3000 anni, di potere ne sanno più di tutti.

– aggiornamenti in fondo – 

Proseguiamo qui il discorso già iniziato con 

Berlusconi e lo sgambetto romano (alla Meloni). Santa Virginia, pensaci tu

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A Roma il domino stellato viene giù… 

che ci ha consentito di anticipare ciò che in questi giorni ha stupito i romani, seccato i grillini e depresso il paese. Usando un semplice filo logico, che sarebbe meglio leggere direttamente dalla fonte appena citata, ricca di link e immagini. Non posso non ribadire come, considerata la natura del testo, se ne consigli la lettura in specie ai sostenitori del movimento a cinque stelle. Ma al tempo stesso, per la sofferenza psichica che esso potrebbe procurar loro – pari a quella che in altre occasioni abbiamo riservato agli elettori del PD – li avvertiamo di avere presso di sé delle sigarette, se fumatori/fumatrici. O quantomeno una bella tazza di camomilla. Non lo si prenda per un tentativo di indebolire il consenso pentastellato, in quanto esso ha la caratteristica di essere intangibile da dati di realtà e di logica, tipica del fideismo di ogni matrice. Ma solo, eventualmente, da eventi di grande portata emotiva. Che temo arriveranno, puntuali, nel corso dei mesi. Anche qui ogni commento è libero, non moderato. Buona lettura. 

L’idea da cui mesi fa siamo partiti è piuttosto semplice: le elezioni romane hanno visto Silvio Berlusconi, ma anche il PD, favorire la vittoria del Movimento Cinque Stelle. Il cavaliere ha fatto la parte del leone, simulando di credere prima in Bertolaso, poi in Marchini (dati da sempre per perdenti), al solo scopo di spezzare il fronte dei voti della Meloni, l’unica che avrebbe potuto impensierire Virginia Raggi al ballottaggio. In tandem, un debole Giachetti, ampiamente implicato nelle giunte precedenti, veniva candidato dal PD come sparring partner per la Raggi. Con la garanzia, fornita dalla destra, di arrivare almeno al ballottaggio, evitando la cocente estromissione al primo turno, che gli sarebbe sicuramente capitata se non vi fosse stato lo ‘sgambetto’ (così lo chiamammo) di Forza Italia a Meloni e Salvini. Tutta questa tattica, perché? Per una strategia più generale, nazionale. Continua a leggere

Berlusconi e lo sgambetto romano (alla Meloni). Santa Virginia, pensaci tu

La candidata Raggi, grillina col pedigree da Forza Italia: Previti, Sammarco, Panzironi.

O Grillo rivaluta di corsa il Diavolo o la Raggi dovrebbe risultare odiosa ad ogni grillino.

Ma l’adepto a cinque stelle è fideista: Sentite Santa Virginia cosa gli da a bere, sul “The Guardian”. Mini lista delle bischerate pentastellate.

Intermezzo: I migranti e il voto di scambio dei Natali futuri.

Il tango del Cavaliere, da Bertolaso a Marchini. Tutto, purché la Meloni non veda il ballottaggio. Giachetti, la vittima sacrificale.

Si lasci vincere in pace Virginia Raggi, per bruciare in serenità il Movimento Cinque Stelle prima delle politiche.

In via del tutto eccezionale, troverete le fonti in calce al testo. Amanti dell’ipertesto, preferiamo per una volta questa forma desueta al deliberato scopo di costringere il potenziale lettore grillino a sforzare il cerebro su forme stantie di trasmissione del sapere. Altrettanto, la gran varietà delle fonti giornalistiche utilizzate, dal “The Guardian” a “Libero” ad “Il Fatto”, sia ulteriore pungolo affinché tale catechizzato lettore verghi offese e contumelie – ben più agevoli delle obiezioni ragionate – all’indirizzo di Theleme, la quale resta coerente col celebre motto: “Fa ciò che vuoi”. Non verrà applicato alcun filtro alle risposte. 

Buona lettura. 

Nonostante se ne sia parlato un bel po’, forse ancora nessuno ha sottolineato con sufficiente nettezza il paradosso della scelta Raggi, candidata romana di un Movimento Cinque Stelle che dell’intransigenza, del sospetto, del “non poteva non sapere”, della rapida censura e quasi della delazione interna (vedi Bedori a Milano) ha fatto e fa il suo cavallo di battaglia. Coincidenza strana, proprio fra i grillini si individua una Virginia Raggi carica d’esperienze di lavoro svolto per lo studio di Cesare Previti (pluricondannato), cui ha fatto seguito il ruolo d’amministratrice delegata per una società della Rojo, sodale del Panzironi arrestato. E ciò per il tramite dello studio Sammarco. Fatti ormai notori.

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Non sarà irrilevante ricordare che proprio da uno studio Sammarco, cioè quello del fratello del suo nuovo dominus – nuovo dopo Previti, si intende – emersero le magagne di Fini e della famosa casa di Montecarlo. Tanto era vicina la famiglia Sammarco a Berlusconi, almeno ai tempi. Cosa incontrovertibilmente singolare è che, sebbene la platea grillina raccolga un’umanità assai varia, tale profilo professionale è da considerarsi tanto raro fra i cinque stelle quanto comune in Forza Italia. Continua a leggere

Il Letta che alletta (I): elezioni, scandali e crisi scavano la fossa a Renzi, ma il verdetto passa da Venezia

I guai di Renzi in escalation: MafiaCapitale ed NCD vs suore.

La chiave è la CDP, vittima sacrificale del cattocomunismo peggiocratico.

Tirando le somme DC ricompare Letta, il predestinato.

Arriva Verdini coi suoi soldatini, ma la CEI è indecisa e si acquatta in Laguna…

Il governo in questi giorni ha traballato non poco. Orbo dei popolari di Mauro, che hanno abbandonato la nave di corsa (probabilmente allertati in anticipo dei fatti di Mafia Capitale, colgono la palla al balzo per fare quello che gli veniva chiesto OltreTevere), è incappato nello stop sulla riforma della scuola. Ed a seguire nella promulgazione, indesiderata, delle norme sull’omicidio stradale (pessime, populismo che produrrà enormi problemi pratici). La cosa non stupisce affatto Theleme, sapendo quanto Renzi sia solo una creatura di abili pupari, con la possibilità di attingere all’informazione più servile che si abbia in Occidente. Ma non solo… i fragili numeri della crescita figliati dal prolifico Alleva, subito prima delle elezioni (come facemmo già notare) ricominciano ad impattare dati alquanto negativi, quelli sulla produzione industriale, molto inquietanti perché attestano nella migliore delle ipotesi un’assoluta irregolarità e la mancanza della minima parvenza di un trend positivo che sia degno di tal nome. E se consideriamo quel che fa notare il sempre irriducibile alla

Pioggia dorata, governo ladro...

Pioggia dorata, governo ladro…

propaganda VINCITORI E VINTI di Paolo Cardena, ovvero che la programmazione economica italiana è degna della cicala, cioè ha messo in conto che tutti i dati congiunturali siano eterni, stabili e intrecciati nei modi a noi più favorevoli per un anno (senza contare le clausole di salvaguardia già sul groppone, le sofferenze bancarie, la pencolante Grecia), capiamo che la crisi, lungi dall’essersi esaurita, vive una fase di cronicizzazione evidente. Le parole dei tanti vuoti retori, a cominciare dal Presidente della Repubblica per finire con la Boschi, sono appunto solo quel che paiono: aria smossa dalla contrazione della lingua nella propria cavità orale. Come dimenticare poi il caos provocato dalle vicende di Mafia Capitale, da cui evinciamo che un intero popolo, per l’ennesima volta, dimostra di sapersi scandalizzare… di se stesso! Un cumulo di fatti di malaffare, impastati con politica, coop, voto di scambio, criminalità, carità pelosa, un pizzico di Ior, servizi segreti e polizia infedele… e chi più ne ha più ne metta. In fondo, un ritratto del paese alquanto veritiero, checché ne abbia detto all’EXPO il buon Renzi. Opera d’arte ancora incompiuta, come dimostrano i continui aggiornamenti, in cui parecchi volti affrescati son di membri influenti del PD. Ma si sa, il paese dimentica presto… magari se riuscissero ad estorcere finalmente alla Cassa depositi e prestiti qualche decina di miliardi, da bruciare in assistenzialismo su vasta scala ed accanimento terapeutico industriale… Che so, finalmente l’assunzione dei precari, oppure soldi freschi nello spento siderurgico di Taranto… dimenticherebbe subito. Per poi risvegliarsi del tutto in mutande questa volta, fra massimo 2 anni. L’operazione è già iniziata, ma dubitiamo avrà l’esito che il Governo si augura. Se volete erudirvi in merito, leggete queste inquietanti notizie dateci da Giavazzi, il quale un minimo di dignità cerca ancora di conservare. Questa della Cassa depositi e prestiti, custodia delll’unico liquido “vero” del paese, frutto del risparmio postale di milioni di noi, crediamo possa essere il fattore chiave per consentire a Renzi un’altra chance. Che, ora come ora, pare non avere.

Le ultime notizie, infatti, sono allucinanti e arrivano dalla Puglia. Il senatore Azzolini, appartenente al nuovo centro democratico che regge il moccolo al governo, pare sia coinvolto in una vicenda alquanto cruda (come da immagine), sia per i contenuti che per le forme. Impossibile non abbia ripercussioni sul sostegno all’esecutivo : infine si tratta del presidente della Commissione Bilancio della Camera! Continua a leggere

Elezioni regionali (1) : attendendo i dati finali, qualche brevissima riflessione alla grossa.

Perché la Liguria era ed è così importante. Renzi, l’omino di burro in camouflage.

La cavalcata vittoriosa della Lega, da Nord a Sud (passando per il centro).

I grillini fermi al palo. Si rinvia il resto a quando avremo i dati.

Era nostra intenzione a Theleme innalzare immediatamente il livello dell’analisi pubblica del voto, ma allo stato attuale la

Renzi l'uomo di burro

Renzi, l’uomo di burro, si scioglierebbe al fuoco..

cosa risulta di difficile realizzazione per la carenza, certamente voluta, di dati finali e suddivisi per lista. A distanza di quasi 24 ore dall’inizio dello spoglio, anche sui siti istituzionali, c’è pochissimo supporto.

L’ipotesi è che queste elezioni abbiano alla fine rappresentato un momento  importante nella storia recente italiana (ad esempio  configurandosi come ennesima sconfitta alle urne del progetto clericale noto come “partito unico” – si legge DC).

Ma quanto esattamente lo si saprà solo potendo esaminare i voti in dettaglio, per scovare i movimenti dei flussi e le tendenze di medio periodo.

Attendendo che ciò si renda praticabile, credo sin d’ora si possa e si debba iniziare a ragionare su come: Continua a leggere

Alle elezioni regionali e comunali non si vota dall’estero: durerà quest’unica fortuna?

Le strazianti elezioni locali, palude stigia del paese.

Unico pregio, l’impossibilità di esercitare il diritto di voto all’estero.

Il silenzio dei grillini.

Quanto durerà?

Ci siamo. Le elezioni regionali sono alle porte. E possiamo pensarne ed aspettarci solo il peggio. I volti presentati, che siano nuovi o vecchi, ci parlano della più vieta politica italiana. L’appoggio dei “potenti” locali, lo sfruttamento dei volti “giovani” allo scopo di rastrellare consenso parcellizzato, gli accordi sottobanco sulla futura gestione delle partecipate, che naturalmente non sono state nemmeno sfiorate dalle inutili riforme del governo Renzi, le buche turate per strada, i lavori pubblici che improvvisamente riprendono per pagare qualche ora di lavoro e garantire l’osmosi busta paga – urne… tutto quello che ha trascinato il paese al fondo prosegue nel suo gioco al massacro, con una buona dose di “paradossale innocenza del male”. Quella per cui “è sempre andata così e sempre così andrà” e “se non lo faccio io lo fa un altro” e “lo so, fanno schifo, te lo dico persino io che sono candidato… ma almeno sono tuo amico e certo meno peggio…”. Un volano qui, una sinergia lì, un “tutti a casa” là… ed ecco la solita messa in scena. Sempre più misera. Non moralmente, dico. Proprio economicamente.

Nessuno ragiona sul fatto che l’assistenzialismo, il voto di scambio, la cosa pubblica fatta privata, il

Il Presidente della regione Toscana, Rossi, con lo

Il Presidente della regione Toscana, Rossi, con lo “sceicco beige” Al Habahbeh, che nemmeno paga i conti al ristorante…

potere fine a sé stesso necessitano comunque di una torta da dividersi, di una sorgente incessante di risorse da cui attingere, in ordine di importanza. Ma se i pasticceri sono andati via? E se non ci sono più gli ingredienti per prepararla? Anche in questo caso, il discorso sarebbe lungo. Per un inquadramento potrei rimandare QUI.

Che dire del sempreverde De Mita? Della estrema destra che abbraccia addirittura il centro? Ma non c’è solo la Campania… le candidature al di sotto di ogni parte che ci regala la Liguria, con la ributtante presa di posizione politica del presidente dei Vescovi? Della opposizione grillina, tutta giocata sulla supposta onestà di perfetti inetti? Del presidente Rossi ricandidato in Toscana dopo un quinquennio ai confini della realtà, dalle ASL alla favola Al Habahbeh, lo sceicco beige? Del giudice che ha perseguito il presidente uscente Nichi Vendola in Puglia, ora direttamente candidato nella lista di Michele Emiliano?

Che dire? Nulla. Il solito tanfo stantio, il solito paese medioevale che annaspa per assenza di altra droga, cioè di debito pubblico.

Eppure una cosa buona c’è, in queste elezioni regionali… chi vuole esprimere il voto deve farlo in Italia, presso la sua residenza. Dall’estero non è ammesso nulla, si può solo rientrare con delle agevolazioni. Il Ministero degli Esteri ci rassicura.

Ma perché si tratta di un bene? Perché le elezioni degli italiani all’estero sono una delle più grandi truffe. E ci dicono cosa sia e cosa valga l’Italia in queste mani. Con buona pace delle boutade governative su cultura (UMANISTICA), formazione e saperi. Continua a leggere