Prosegue dalla prima parte
Il caso Delimkanov e le dichiarazioni di Kadyrov: una prova generale per la ‘guerra civile’ dichiarata su Telegram
E’ molto probabile non conosciate i familiari di Ramzan Kadyrov, rampante satrapo del Caucaso, erede di una stirpe locale che ha segnato la storia recente del confronto con la Russia di Putin, agli inizi del nuovo millennio. E’ però necessario fare un ingrato sforzo in tale direzione, in quanto lo stesso Prigohzin, con le sue dichiarazioni perennemente altalenanti, e soprattutto il procugino e cognato di Kadyrov, Delimkanov, sono state ‘cavie’ del sedicente ‘golpe’ che analizziamo, attestandoci quindi la premeditazione dell’intera faccenda. Mi spiego meglio: il barbuto Delimkanov è sin dall’inizio la guida della spedizione bellica cecena in Ucraina, cioè quella che, insieme alla più nota Wagner, ha consentito a Putin di avere il tempo di riorganizzare l’esercito regolare e soprattutto di gonfiarne le fila, dopo l’esito imperfetto delle scelte strategiche di Gerasimov e Shoigu. Lo si è visto operare a Mariupol ed in altri scenari ad alta intensità, insomma una figura importante per lo sforzo bellico russo.
Circa 10 giorni fa, da canali Telegram ‘vicini a Kadyrov’ è arrivata la notizia inaspettata della sua scomparsa in battaglia, e probabile morte. Ora, un canale Telegram in mano a sconosciuti e dichiaratamente non neutrale sino a pochi anni fa sarebbe stato considerato del tutto insufficiente a trasformare la voce in notizia, almeno fra giornalisti occidentali: servono più fonti, soprattutto, e plausibili, riconoscibili, affidabili. Da almeno cinque anni, forse più, è vero l’opposto: i media passano di tutto, purchè sia funzionale alla loro linea editoriale, che è un vero e proprio taglio politico, e non vanno per il sottile: anche una sola fonte proveniente da account social poco noti s’è dimostrata spesso più che sufficiente per riempire le pagine dei giornali. E se poi una qualsiasi micro (o macro) autorità ‘democratica’ la fa sua, quasi sempre per ragioni squisitamente politiche e di parte, non se ne parla nemmeno di approfondire i fatti: la voce finisce direttamente in prima pagina, come se il politico avesse saperi e poteri soprannaturali o trasformasse il falso in vero con le sue magiche parole. Inutile dire che il caso della presunta scomparsa di Delimkanov ha seguito esattamente questa falsariga. La notizia, partita da Telegram, ha iniziato a circolare per la rete e le testate, ed ha subito incontrato la granitica certezza di Podoliak, che altri non è se non il consigliere di Zelensky, quindi l’antitesi della neutralità.
Di fronte a tanta autorevolezza, ad esempio, ‘La Repubblica’, uno dei principali quotidiani italiani, ha saltato ogni ‘fact checking’ – se la notizia fosse stata di fonte russa avente ad oggetto un generale ucraino, o persino neutrale e plurima, si sarebbe invece schermata dietro il controllo della fonte per evitare di darla, come avvenuto in infinite situazioni, vedi la presa di Bakhmut confermata una settimana dopo la sua data notoria – e la ha sparata a titoloni. Eccovene qui uno (oggi resta poco, dopo la vergognosa figuraccia li hanno di corsa cancellati):