(I) Dulcis in fund! Da Edolo a Roccasecca tutti pazzi per il recovery: il Nord Italia

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Il recovery fund è ‘realtà’ da un anno. In questi mesi la ‘politica’ italiana, a tutti i livelli – dalle associazioni ai sindacati, dalle  circoscrizioni ai comuni, dalle regioni ai ministeri, dai partiti al Governo – ha manifestato plurime volte il suo pensiero e soprattutto il suo atteggiamento nei confronti di quel che è, essenzialmente, enorme nuovo debito (per il 70%), più circa 60 miliardi a fondo perduto, sommati ad altre risorse nazionali ‘di accompagnamento’. Il totale, grossomodo 230 miliardi in più tranche, è astrattamente garantito da tutti gli stati membri, con la teorica finalità di reagire all’emergenza Covid, rilanciando l’economia europea. Anzi la società europea, considerate le ambiziose e minuziose riforme a cui risulta condizionato. Un aspetto probabilmente assai utile per immaginare quale potrà essere l’esito finale di questa imponente pianificazione, che presume di saper risalire a Bruxelles dai più riposti recessi del Continente per poi ridiscendere sino a San Giovanni Calibita, piuttosto che Travacò Siccomario, con l’intento prometeico di mutarne irrevocabilmente le sorti, è l’approccio sinora mostrato da chi quelle risorse deve, appunto, pianificare e gestire. Esse provengono da istituzioni sovranazionali, nazioni o grandi banche e fondi pensione politicamente indirizzati. Filtrano poi attraverso ministeri ed enti locali: sono pertanto pubblici al 100% e sarà il pubblico a occuparsi graziosamente di loro. E poiché è molto meglio mostrare che descrivere – senza la minima pretesa di esaustività, parliamo di migliaia di comunicati ed articoli provenienti da ogni dove – procediamo con una selezione ‘visiva’ del materiale antropologico, per così dire, che ci aiuti nella comprensione. Continua a leggere