Non c’è bisogno di attendere per valutare la risposta dell’elettorato: Da Napoli a Roma a Milano (-20% in 10 anni), i cittadini non vanno più alle urne. Le (palesi) ragioni.
La risposta più importante, in senso politico, ad urne appena chiuse ma già disponibile con certezza, è che la popolazione italiana non partecipa nemmeno al voto territoriale, quello che coinvolge direttamente la qualità di vita e la quotidianità, quello in cui, al di là delle metropoli – che infatti subiscono un calo maggiore, rispetto alla media nazionale – tutti ma proprio tutti conoscono direttamente i candidati, quando non ne siano parenti, amici, beneficiari o vittime.
L’affluenza generale, che 5 anni prima fu del 62,14%, oggi è del 54,69%. A Milano del 54,6% nel 2016 – e ben il 67,5% nel 2011 – adesso del 48,80%, mentre a Roma assistiamo ad un calo netto, passando al 57,96% al 49,92%. A Napoli, dal 57,60% al 51,34%.
Sono numeri pesantissimi, e peggiori se li confrontiamo con 10 anni prima. Questa è la vera notizia che la dice lunga. Su cosa?
- Sulla capacità della politica nazionale di attrarre e delineare obiettivi precisi e quindi ragioni forti di consenso.
- Sulla capacità della politica locale di coinvolgere i cittadini nell’attività delle amministrazioni e sulla qualità della selezione che i partiti svolgono al loro interno, sul territorio, tutti tenendosi rigorosamente alla larga da personalità di vero richiamo, dotate di carattere, qualità e idee realistiche.
- Sulla evidente carenza di pratica della Democrazia nelle scelte dei Governi e del Parlamento, i cui membri, pur di non perdere sinecure, accettano raffiche di ‘fiducia’ senza mai entrare nel merito dei provvedimenti trattati e votando sovente contro coscienza, generando legislazioni palesemente al di fuori dell’alveo democratico
- Sul consociativismo, certificato ormai ai massimi livelli dalla maggioranza del Governo Draghi, che fa presumere – correttamente – quanto poco in realtà cambi scegliendo uno o l’altro, e quanto poco conti il voto del singolo elettore
- Sul fallimento dei percorsi formativi che, al di là di infinite idiozie didattiche propagandistiche, non insegnano ai giovani diritti e doveri, quindi l’essenza stessa della democrazia di cui tutti si riempiono la bocca senza mai praticarla
- Sul fallimento della ‘pregiudiziale antifascista’, su cui tanto ci siamo soffermati in passato, che non riesce a muovere le masse – e vorrei vedere, provenendo dal mondo dei ‘pass’ per decreto – nemmeno se Luca Morisi a Milano usa la coca (sostanza notoriamente sconosciuta nella metropoli meneghina) e se Fratelli d’Italia ha, inimmaginabile, dei ‘nostalgici’ fra l’elettorato.
- Sull’esaurimento – con buona pace del recovery plan – delle risorse enormi necessarie ad attivare clientele molto vaste, spinte al voto dall’interesse diretto e privato, molla tradizionale dell’elettorato familista amorale italiano.
- Sulla frode, ormai emersa ma evidente sin dall’inizio – ce ne siamo occupati per primi in assoluto, dimostrandola nei fatti – praticata dal M5s, in combutta con le forze politiche di centrosinistra e tutti i media, indistintamente, che ha rigettato nell’astensione e nella delusione un numero notevolissimo di elettori. I quali non solo non sperano più nel M5s e nelle sue fiabe, ma in null’altro.